CATALIZZATORI

Introduzione  

Questa pagina è stata realizzata per aiutarci a identificare le possibili cause di malfunzionamento e per rispondere a molte delle domande che ci poniamo giornalmente riguardo al catalizzatore.

Dal 1° gennaio 1999 anche i veicoli a benzina dotati di catalizzatore sono soggetti al controllo tec-nico (revisione) sulla base della Direttiva Europea 92/55, normativa che in Italia parte con 2 anni di ritardo nei confronti degli altri paesi europei.

La procedura di controllo del catalizzatore comprende un esame visivo seguito dalla verifica di funzionamento del dispositivo antinquinamento secondo le specifiche riportate in queste pagine.

I controlli tecnici avranno sicuramente un effetto benefico sul nostro ambiente anche se in caso di esito negativo del test è difficile identificare con certezza la o le cause del cattivofunzionamento.


I controlli tecnici dal 1 gennaio1999   

Di cosa si tratta ?

Nel 1999 tutti i veicoli immatricolati dal 1991 al 1995 devono essere revisionati in ottemperanza alla Direttiva Europea 92/55.

Sono pertanto interessati anche i veicoli dotati di catalizzatori a tre vie e sonda lambda (tutti quelli immatricolati dopo il 1° gennaio 93 e altri che già prima adottavano questo dispositivo).

Il controllo consiste nel verificare il buon funzionamento dei componenti il sistema antinquinamento e nella sua messa a punto; qualora sia necessario verranno sostituiti i componenti danneggiati.

L’esecuzione del test ?

1) Ispezione visiva dell’impianto di scarico per verificare l’assenza di rotture e la presenza di tutti i componenti.

2) Ispezione visiva del sistema di regolazione delle emissioni per verificare che il veicolo sia dotato degli elementi previsti.

3) L’efficacia del dispositivo antinquinamento viene valutata misurando il valore "lambda" (inverso del rapporto aria/benzina) e il tasso di CO contenuto nel gas di scarico seguendo le istruzioni di seguito riportate.

4) Prima della prova il veicolo deve essere "precondizionato" (scaldato) seguendo le raccomandazioni del costruttore. Le misurazioni dovranno essere al "minimo" ed al "minimo accelerato".

- Al minimo:                              Il valore massimo ammesso del CO è quello dato dal costrutto-re.

                                                  Qualora questo dato non sia disponibile, il tenore massimo non deve superare lo 0,5% in volume.

- Al minimo accelerato:   Il tenore del CO non deve superare lo 0,3% in volume.

                                                  Il valore  lambda deve essere =1 (+- 0,03) o rispettare le specifiche del costruttore.

Le emissioni vengono testate con l’aiuto di strumenti di controllo conformi al regolamento in vigore e conformi alle specifiche tecniche della Normativa R10-019

 


Cos’é un catalizzatore ?      

Le vetture a benzina contribuiscono all’inquinamento dell’aria in quanto il motore non ha una combustione perfetta della miscela aria/benzina.

Il motore produce oltre all’acqua (vapore) e all’anidride carbonica anche gas nocivi come:

CO - monossido di carbonio (velenoso)

HC - idrocarburi incombusti (contribuiscono alla formazione di smog ed ozono), alcuni sono ritenuti cancerogeni.

NOx - ossidi di azoto (responsabili delle piogge acide e della formazione di ozono).

I catalizzatori riducono l’emissione di questi tre inquinanti trasformandoli in gas non tossici; da qui la definizione di catalizzatori a 3 vie (sarebbe più corretto dire a 3 effetti).

Il catalizzatore a 3 vie elimina contemporaneamente i tre inqui-nanti in misura consistente. Una condizione indispensabile è che la miscela fornita al motore sia perfettamente controllata mediante l’utilizzo di una sonda lambda che permette di mantenere il rapporto ottimale aria/benzina(stechiometrico) vale a dire 14,7 grammi d’aria ogni grammo di benzina.

Questo sistema è attualmente il più efficace e permette una riduzione di oltre il 90% degli inquinanti.

Per definizione il catalizzatore è un elemento che accelera una reazione chimica. Nel nostro caso il catalizzatore sarebbe la miscela di metalli preziosi (platino, palladio e rodio) anche se ormai il termine catalizzatore viene comunemente utilizzato per indicare tutto il corpo catalizzante.

 


Il funzionamento   

Nel catalizzatore, i gas di scarico del motore passano attraverso un "monolita" a struttura alveolare (ceramico o metallico) racchiuso in un involucro di acciaio inossidabile; il "monolita" offre una superficie adattata per mettere in contatto i gas con gli elementi attivi.

Questo è possibile grazie ad un rivestimento delle celle detto "washcoat" che, rendendole ruvide, ne può aumentare la superficie effettiva fino a 7.000 volte (portandola all’equivalente di un campo di calcio).

Dopo il trattamento di "washcoat", viene impregnata la superficie con i metalli preziosi (platino - palladio - rodio) per ottenere l’attività catalitica necessaria.

In particolare le reazioni all’interno del catalizzatore sono: trasformazione del monossido di carbonio (CO) in anidride carbonica (CO2), gli ossidi di azoto (NOx) in azoto (N2) e gli idrocarburi incombusti in vapore acqueo (H2O) e anidride carbonica (CO2).

Una cattiva combustione nel motore provoca un eccesso di benzina non bruciata che arriva direttamente nel catalizzatore e potrebbe danneggiarlo.

 


La sonda Lambda

La regolazione del rapporto aria-carburante si ottiene partendo dal segnale della sonda Lambda che misura la quantità di ossigeno nei gas di scarico.

L’impulso viene trasmesso alla centralina elettronica che interviene sul sistema di iniezione regolando la miscela aria/benzina e mantenendo il rapporto ideale.

 

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Accensione del catalizzatore (light-off)

Il catalizzatore inizia a funzionare bene quando la temperatura dei gas arriva a 250-270°C, questo avviene in un tempo massimo di 200 secondi dall’avviamento (la configurazione dello scarico e la posizione del catalizzatore nell’impianto influenzano questo tempo).

 

L’involucro in acciaio inossidabile

A causa delle elevate temperature e delle condizioni di lavoro a volte estreme, è indispensabile usare l’acciaio inossidabile per avere garantita una lunga durata. L’acciaio inossidabile ferritico è scelto per le sue proprietà, come il coefficiente di dilatazione ad alta temperatura, che consente di minimizzare la dilatazione relativa tra il monolito ceramico e l’involucro esterno.

E’ importante che il monolito ceramico, estremamente sensibile alle sollecitazioni termiche e meccaniche, sia trattenuto in sicurezza all’interno dell’involucro metallico. I materiali abitualmente utilizzati per questo scopo vanno dalla maglia metallica alle fibre ceramiche con diverse concentrazioni di alluminio inglobate in uno strato spugnoso che permette la dilatazione quando la temperatura aumenta.

Sebbene ogni metodo abbia i suoi vantaggi e inconvenienti, il materiale termoespandibile è quello comunemente usato in Europa; altre soluzioni utilizzano la combinazione delle diverse tecniche.wpe5.jpg (6153 byte)

Questo strato di fibre non è necessario per i monoliti metallici in quanto i coefficienti di dilatazione dei materiali sono simili tra loro.

 

I catalizzatori

I metalli preziosi utilizzati sono generalmente una miscela di due o tre degli elementi seguenti:platino, palladio, rodio. Il platino favorisce la combustione (ossidazione) degli idrocarburi e del monossido di carbonio mentre il rodio favorisce la riduzione degli ossidi di azoto; il rodio è utilizzato anche per migliorare l’accensione del catalizzatore.

In un corpo catalizzante si trovano normalmente da 1 a 2 grammi di metalli preziosi.

 


Identificazione delle cause di guasto dei catalizzatori  

E’ IMPORTANTE IDENTIFICARE ESATTAMENTE LA CAUSA DEL PROBLEMA DI UN CATALIZZATORE PRIMA DI SOSTITUIRLO.

Le cause possibili di guasto sono numerose come ad esempio:

rottura meccanica dovuta ad urto, cattivo funzionamento del veicolo, problemi d’accensione o cattivo dosaggio aria/benzina, avviamento forzato… Per guadagnare o mantenere la fiducia del cliente, è importante che l’autoriparatore sappia stabilire la ragione della rottura con un controllo tecnico invece di cambiare semplicemente il catalizzatore; è infatti possibile che esso non sia l’origine del guasto ma abbia subito le conseguenze di un cattivo funzionamento del motore.

Guasto meccanico

Urti violenti sull’involucro esterno, provocano in molti casi danni interni al monolita. Vibrazioni violente o sbalzi termicipossono provocare incrinature nel monolita innescando un processo di distruzione.

Il supporto metallico utilizzato da ARVIN nei catalizzatori "Metal’Cat" sono la garanzia di una buona resistenza a questi eventi negativi a cui l’impianto di scarico è spesso sottoposto.

Verifica Analizzare attentamente l’involucro esterno del catalizzatore per cercare tracce di eventuali urti.

wpe6.jpg (3553 byte)I catalizzatori ceramici sono fragili; possono frantumarsi e immettere piccole parti nell’impianto si scarico deteriorando anche i silenziatori.

 

 

 

Invecchiamento

In teoria un catalizzatore è progettato per avere la stessa vita del veicolo. In realtà le condizioni di utilizzo ed i fattori ambientali provocano il suo invecchiamento che si traduce in diminuzione di prestazioni che daranno esito negativo alla revisione del veicolo.

Verifica   La manutenzione regolare del veicolo, compreso un esame visivo per verificare i supporti e gli accoppiamenti, assicurano una maggior durata. La misurazione del CO nelle condizioni descritte precedentemente, permette di valutare lo stato del catalizzatore.

 

Avvelenamento da piombowpe7.jpg (2799 byte)

Per evitare di "avvelenare" il catalizzatore, è indispensabile utilizzare benzina senza piombo. Il piombo può combinarsi con i metalli preziosi annullando la loro funzione oppure creare un sottile strato sulle superfici catalizzanti impedendo il contatto con i gas e quindi l’azione di trasformazione degli inquinanti.

Uno o due pieni di benzina con piombo disattivano completamente il catalizzatore. Il riutilizzo di benzina "verde" permette un recupero minimo della funzionalità. Tutte le vetture dell’ultima generazione hanno una riduzione nel bocchettone di rifornimento che consente esclusivamente l’utilizzo di pistole erogatrici di benzina senza piombo.

Verifica   Il livello di "avvelenamento" e quindi l’efficacia del catalizzatore sono inversamente proporzionali alla quantità di piombo accumulata dal catalizzatore. Questo dato può essere determinato solo misurando la concentrazione di inquinanti che escono dallo scarico.

 

 

Integrità

Tutte le infiltrazioni di aria prima della sonda lambda o del catalizzatore possono modificare il rapporto aria/benzina, modificare il segnale della sonda lambda, alterare l’efficacia del catalizzatore e anche immettere nell’atmosfera gas non ancora trattati.

Le infiltrazioni possono manifestarsi in corrispondenza di saldature deteriorate o di accoppiamenti danneggiati.

Verifica   Eseguire una ispezione visiva di eventuali perdite a monte del catalizzatore; esaminare le saldature e gli accoppiamenti dei vari componenti dell’impianto di scarico.

 

Cattivo funzionamento del motore / accensione difettosa

Per poter funzionare correttamente il catalizzatore necessita di un rapporto ottimale aria/benzina.

Una cattiva combustione del motore o scoppiettii, possono provocare la fusione del monolito a causa di un eccesso di benzina incombusta che arriva all’interno del catalizzatore.

Problemi termici possono inoltre cuocere il trattamento di "washcoat" ed i metalli preziosi diminuendo la funzionalità del catalizzatore.

In presenza di queste condizioni è indispensabile rimettere il veicolo nello stato ottimale di funzionamento prima di sostituireil catalizzatore.

Verifica   Ricercare sull’involucro esterno segni di forte surriscaldamento.

Un cattivo funzionamento del sistema di accensione può essere la causa.

 

 

Avviamento forzato della vettura

L’avviamento forzato della vettura è sconsigliato in quanto la benzina incombusta entra all’interno del sistema di scarico e può intaccare il catalizzatore qualora la vettura non parta subito (verificare l’accensione del motore). E’ sconsigliato anche l’utilizzo di una batteria supplementare.

 


 

Consigli per la sostituzione del catalizzatore   

Il punto più importante è di non considerare il catalizzatore come se fosse un componente classico dello scarico; esso è parte integrante del sistema antinquinamento del veicolo e per la sua sostituzione è necessario seguire alcune precauzioni.

 

·        Verificare se il veicolo è provvisto di catalizzatore; esso è sempre la parte più vicina al motore.

·        Determinare sempre la causa di danneggiamento del catalizzatore prima di sostituirlo.

·        Non sostituire mai un catalizzatore con un finto catalizzatore.

·        Non smontare il catalizzatore se si devono sostituire solamente altre parti dello scarico.

·        Assicuratevi della disponibilità del ricambio prima di smontare il catalizzatore danneggiato.

·        Fate sempre una verifica delle emissioni dopo aver sostituito il catalizzatore.

·        Utilizzate sempre i nuovi accessori per il montaggio (fascette – guarnizioni – gommini …) forniti assieme al catalizzatore.

·        Se il guasto è stato provocato dal cattivo funzionamento del motore, è indispensabile eliminare l’anomalia prima di sostituire il catalizzatore.

wpe9.jpg (7910 byte)Risposte a qualche frequente domanda  

Quale è la durata di un catalizzatore ?

Risposta:    In teoria un catalizzatore è realizzato per durare quanto il veicolo; essendo però soggetto a sollecitazioni termiche e meccaniche a volte estreme, mediamente deve essere cambiato una volta nella vita del veicolo.

Il catalizzatore funziona nei tragitti corti ?

Risposta:  Il catalizzatore inizia a funzionare correttamente quando raggiunge la temperatura di 250-270 °C; questo avviene al massimo dopo 200 secondi dall’avviamento e dipende dalle condizioni di marcia e dalla configurazione dell’impianto di scarico.

I catalizzatori possono incendiare l’erba secca ?

Risposta:   Tutte le vetture funzionano a temperature elevate ed è quindi sconsigliato la sosta nell’erba alta siano esse equipaggiate o meno con il catalizzatore. La temperatura dei gas all’uscita del collettore può raggiungere gli 800-900 °C. Per questo motivo nella maggior parte degli impianti catalizzati sono previsti scudi termici.

wpeA.jpg (7960 byte)Perché i gas di scarico dei veicoli catalizzati odorano di uova marce ?

Risposta:   E’ dovuto alla presenza di zolfo nelle benzine che viene trasformato dal catalizzatore in anidride solforosa. Questo avviene generalmente quando si ha un cambiamento repentino del numero dei giri e del carico (accelerazione) o dopo un avviamento con catalizzatore ancora caldo. Il fenomeno è anche evidente quando il catalizzatore è nuovo e tende con il tempo a sparire.

 

wpeB.jpg (5947 byte)Quale manutenzione richiede il catalizzatore ?

Risposta:   Un catalizzatore a punto non richiede alcuna manutenzione. Le vetture dotate di catalizzatore correttamente usato e che utilizzano benzina senza piombo, non avranno problemi a superare positivamente la revisione.

 

Il catalizzatore influisce sulle prestazioni della vettura ?

Risposta:   Con l’utilizzo del catalizzatore la contro-pressione (resistenza allo smaltimento dei gas) tende ad aumentare e può in qualche caso diminuire leggermente le prestazioni del veicolo; questo significa generalmente un calo di 5 Km/h della velocità massima.

Anche il motore diesel è dotato di catalizzatore ?

Risposta:  Le nuove normative in vigore dal 1996 hanno portato all’utilizzo generalizzato di un catalizzatore ossidante sui veicoli diesel.

 


 

IL SENSORE DELL'OSSIGENO NEI GAS DI SCARICO

La quantità di ossigeno nei gas di scarico è utilizzata come grandezza indiretta per misurare il rapporto aria/combustibile. Di conseguenza uno dei più significativi sensori automobilistici oggi in uso è il sensore di ossigeno nei gas di scarico. Questo sensore è spesso detto un sensore a lambda, a causa dell'utilizzazione della lettera greca lambda (l) per indicare il rapporto di equivalenza:

  aria/combustibile
l = ---------------------------
aria/combustibile al rapporto stechiometrico

Quando la miscela aria/combustibile ha più aria, il valore di lambda è maggiore dell'unità (l > 1 ). Viceversa, quando la miscela aria/combustibile ha poca aria (è più ricca di combustibile), la condizione è rappresentata da un rapporto di equivalenza minore di uno (l < 1).

Il sensore di ossigeno ad ossido di zirconio

I due tipi di sensori di ossigeno in uso normalmente(di prima generazione)sono basati sull'uso di ossidi attivi di materiali opportuni. Uno usa l'ossido di zirconio (ZrO2) mentre l'altro usa l'ossido di titanio (TiO2). La Figura 1 è una fotografia di un tipico sensore di ossigeno a ZrO2 ed indica che una tensione Vo è generata ai capi dell'ossido di zirconio. Questa tensione dipende dal rapporto aria/combustibile nel motore. ln sostanza il sensore di ossigeno è costituito da una sezione anulare di ZrO2 con due elettrodi sottili di platino sulle due facce, interna ed esterna, dell'ossido. L'elettrodo interno è esposto ai gas di scarico attraverso un rivestimento poroso protettivo.
  

Una spiegazione semplificata del funzionamento del sensore si basa sulla considerazione della distribuzione degli ioni di ossigeno. Uno ione è un atomo elettricamente carico. Gli ioni ossigeno hanno due elettroni in eccesso e ciascun elettrone ha una carica negativa, quindi gli ioni ossigeno sono carichi negativamente. Lo ZrOZ ha la tendenza ad attrarre gli ioni ossigeno e ad accumularli sulla superficie dell' ossido adiacente agli elettrodi di platino. L 'elettrodo di platino rivolto verso l' aria è esposto ad una maggiore concentrazione di ioni ossigeno rispetto a quello rivolto verso il flusso dei gas di scarico. La faccia
del sensore rivolta verso l'aria diviene così elettricamente negativa, e quindi è generato un campo elettrico nell' ossido di zirconio. Tra i due elettrodi si ha una tensione Vo. La polarità di questa tensione è positiva sulla faccia esposta ai gas di
scarico e negativa sulla faccia dell'ossido rivolta all'aria. L'intensità di questa tensione dipende dalla concentrazione di ossigeno nel gas di scarico e dalla temperatura del sensore.
La quantità di ossigeno nel gas di scarico è rappresentata dalla pressione parziale di ossigeno. Fondamentalmente questa pressione parziale è la frazione della pressione totale del gas di scarico (prossima alla pressione atmosferica) che è dovuta alla
quantità di ossigeno. La pressione parziale di ossigeno nel gas di scarico di una  miscela ricca varia nell'intervallo da 10-16 a 10-32 atmosfere. La pressione parziale di ossigeno per una miscela povera è circa 10-2 atmosfere.

Caratteristiche del sensore di ossigeno ideale

1. cambiamento repentino della tensione al variare della stechiometria
2. commutazione rapida della tensione d'uscita al variare della concentrazione di ossigeno nei gas di scarico
3. significativa differenza tra la tensione d'uscita del sensore corrispondente ad una miscela ricca e quella corrispondente ad una miscela povera
4. tensioni stabili al variare della temperatura dei gas di scarico.

Caratteristiche di commutazione

Nelle applicazioni nei sistemi di controllo deve essere preso in considerazione il tempo di commutazione del sensore. La caratteristica ideale di un sensore inserito in un controllore a ciclo limite è riportata in Figura 2 La caratteristica effettiva di un sensore di ossigeno è riportata in Figura 3. Questi dati sono ottenuti facendo variare lentamente il rapporto aria/combustibile. La freccia rivolta verso il basso indica il cambiamento in Vo al variare della miscela aria/combustibile da ricca a povera. La freccia rivolta verso l'alto indica il cambiamento di Vo quando la miscela passa da povera a ricca . Notate che l'uscita del sensore non cambia esattamente nello stesso punto all'aumentare ed al diminuire del rapporto aria/combustibile. Questo fenomeno è detto isteresi. La temperatura influenza sia i tempi di commutazione sia la tensione d'uscita. In Figura 4 sono riportate le commutazioni a due temperature diverse. Notate che il tempo per divisione è doppio nel grafico a 350°C. Alla temperatura di 350°C il tempo di commutazione è circa di 0,1 secondi, mentre a 800°C è circa di 0,05 secondi. Questo cambiamento di un fattore 2 è dovuto alla variazione della temperatura.

La dipendenza dalla temperatura della tensione di uscita del sensore di ossigeno è molto importante. Il grafico di Figura 5  mostra la dipendenza dalla temperatura della tensione di uscita di un sensore di ossigeno per miscele ricche e povere, a due valori differenti della resistenza di carico: 5 Mohm (5 milioni di ohm) e 0,83 Mohm.
La tensione fornita dal sensore di ossigeno per una miscela ricca è variabile tra 0,8 ed 1,0 V, quando la temperatura dei gas di scarico varia tra 350 ed 800°C. Per una miscela povera questa tensione varia tra 0,02 e 0,03 V nello stesso intervallo di temperatura.

Il sensore di ossigeno non dovrebbe essere utilizzato per il controllo a temperature inferiori a 300°C, perchè la differenza tra le tensioni prodotte da una miscela ricca ed una miscela povera diminuiscono rapidamente al diminuire della temperatura. Questa proprietà importante del sensore è parzialmente responsabile della necessità di operare con il sistema di controllo del combustibile ad anello aperto quando la temperatura dei gas di scarico è bassa. Il funzionamento ad anello chiuso con la tensione di uscita del sensore di ossigeno utilizzata come segnale di errore non può iniziare fino a che la temperatura del sensore non supera i 300°C.

 


le sonde pui comuni

 


SONDA LAMBDA NON RISCALDATA LS 21

Questo tipo di sonda rappresenta la variante base della gamma Bosch, e viene posizionata nel primo tratto dell'impianto di scarico, tra il punto di confluenza dei collettori dei cilindri e il catalizzatore. La sonda è costituita in modo che la parte esterna dell'elettrodo sia investita dalla corrente dei

gas di scarico, mentre quella interna rimanga in contatto con l'aria atmosferica. Essenzialmente è costituita da un corpo in ceramica speciale porosa, rivestita su entrambe le superfici da elettrodi microporosi in platino. La ceramica speciale funziona da "elettrolito solido" (a temperature superiori a 350°) e permette una conduzione di ioni di ossigeno, che si formano per reazione chimica Su entrambi gli elettrodi. La differente concentrazione di ossigeno presente nell'aria atmosferica rispetto a quella rilevata nei gas di scarico, fa sì che tra gli elettrodi si generi una differenza di potenziale. In corrispondenza di miscela contraddistinta dal valore Lambda = 1, la concentrazione di ossigeno residuo nei gas di scarico subisce una grande variazione (rispetto a una miscela magra, cioè con troppo ossigeno), e questo fenomeno fa sì che si riscontri una brusca variazione di potenziale tra i due elettrodi. La tensione è il segnale che la sonda manda alla centralina e quest'ultima regola la composizione della miscela a seconda del valore letto. Si possono considerare i seguenti valori di riferimento di tensione della sonda:

- miscela grassa (Lambda <1) 800...1000 mV

- miscela magra (Lambda>l) ~ 100 mV

- miscela corretta (Lambda=l) 450...500 mV

L'elettrodo della parte immersa nei gas di scarico è ricoperto da un ulteriore strato di ceramica porosa, Questo strato protettivo impedisce l'erosione dell'elettrodo di platino da parte dei gas combusti, Per ulteriore protezione della ceramica, il lato della sonda esposto ai gas di scarico è munito di un cappuccio esterno di protezione, provvisto di fessure, che impedisce alle particelle solide, trascinate dai gas di scarico, di colpire direttamente la ceramica della sonda.

 

 


SONDA LAMBDA RISCALDATA LSH 25

 

Il principio di costruzione della sonda l'ambda riscaldata è del tutto simile a quello della sonda non riscaldata. la ceramica attiva della sonda viene riscaldata dall'interno o da un elemento(resistenze ), anch'esso in ceramica. La temperatura della ceramica attiva deve mantenersi al di sopra del limite di funzionamento dei 350°C, indipendentemente dalla temperatura dei gas di scarico. La sonda riscaldata presenta un cappuccio di protezione con una sezione ridotta di passaggio. In tal modo si evita il raffreddamento della ceramica causato da gas di scarico "freddi". Questo tipo di sonda offregrandi vantaggi rispetto a quella non riscaldata, tra cui: regolazione Lambda sicura anche a basse temperature dei gas di scarico; minima dipendenza dalle oscillazioni di temperatura dei gas di scarico; brevi tempi di inserimento della regolazione Lambda; bassi valori di gas nocivi grazie allabuona dinamica e alla flessibilità di montaggio della sonda, indipendentemente dal riscaldamento esterno.

 

1.corpo ceramico

2.tubo protettivo metallico

3.corpo metallico di fissaggio

4.resistenza elettrica

A.entrata aria ambiante

B.passaggio gas di scarico

 

 


 

SONDA LAMBDA PLANARE LSF 4
 
 

Questa sonda rappresenta l'evoluzione della sonda cilindrica riscaldata, nell' ambito della gamma Bosch.La differenza sostanziale tra questa sonda e le prime due sta nella forma dell'elemento attivo, prima cilindrico, qui invece planare e a sezione rettangolare, Le superfici dell'elemento in ceramica porosa attiva sono coperte da uno strato di platino microporoso, che funge da catalizzatore e da elettrodo allo stesso tempo. Anche qui, la parte esposta ai gas di scarico viene coperta da uno strato protettivo in ceramica porosa,che permette il contatto dei gas di scarico con l'elettrodo,ma ne impedisce la corrosione. Questo strato protettivo e necessario affinchè la sonda mantenga inalterate le sue funzioni in tutte le differenti condizioni di utilizzo, a prescindere dalle elevate temperature alle quali la sonda si trova a lavorare. Grazie alla semplicità costruttiva dell'elemento, è stato possibile integrare all'interno della ceramica attiva stessa il sistema di riscaldamento; la temperatura di esercizio viene quindi raggiunta molto più velocemente e con minimo dispendio di energia. Il principio di funzionamento è poi identico alle sonde cilindriche. Premessa per un buon funzionamento della sonda è il raggiungimento di 350°C nella ceramica attiva; grazie al riscaldamento integrato, il corretto funzionamento viene comunque assicurato già in presenza di gas di scarico a una temperatura di soli 150°C. E' possibile inoltre installare questo tipo di sonda lontano dai cilindri, anche a valle del catalizzatore per diminuire gli effetti corrosivi senza dover fare i conti con temperature troppo basse dei gas di scarico, Queste, infatti non influenzano più in maniera rilevante le funzioni della sonda poichè garantite dal riscaldamento integrato, che permette un raggiungimento rapido della temperatura di esercizio: già dopo 10 secondi dall'avviamento del motore tutte le funzioni necessarie per la regolazione Lambda sono attive, Grazie alla libertà di posizionamento assicurata da questo tipo di sonda, possono essere realizzati impianti che prevedono l'utilizzo di due sonde planari, una a monte e l'altra a valle del catalizzatore.
 
  

l.Gas di scarico 
2.Canale d'aria di riferimento 
3.Riscaldamento 
4.Ceramica attica 
5.Stao di ceramica protettiva 
6.eletrodi in platino 
Us.Tensione di uscita 

  Un caratteristica non trascurabile di questo tipo di sonda è la gistione del riscaldatore interno, pilotato direttamente dalle centralina gestione motore .
Utilizando un oscilloscopio si puo notare che nel filo di massa del riscandatore (mentre il positivo è alimentatato a 12V direttamente dal relè) è presente un onda quadra gestita direttamente dalla centralina che utilizando una strategia interna mantiene la temeratura della sonda entro valori ottimali.
 
 

 

 


 

SONDA LAMBDA PlANARE A BANDA LARGA LSU 4

la sonda Lambda a banda larga è differente da tutte le altre, Innanzitutto il suo segnale non è di tensione, ma di corrente. Questa sostanziale innovazione genera una "curva morbida", senza brusche variazioni, per valori di Lambda estremi; molto bassi e molto alti, Ciò permette di lavorare anche con miscela magra o grassa (la dove non sia richiesto il catalizzatore), con motori diesel o alimentati a gas, e anche in campo industriale: bruciatori a gas e a olio. Questa sonda è appunto detta "a banda larga" grazie alla possibilità di impiego in tutto il range di valori Lambda in cui un motore può lavorare.
La sonda lambda LSU 4 ha un funzionamento più complesso rispetto alle precedenti ed è, attualmente, prodotta solo da Bosch. Si nota in particolare il secondo elettrodo della cella di misurazione, fissato all'interno "dell'elettrolito solido" in materiale poroso.
Speculare al secondo elettrodo si trova il primo elettrodo della cella pompaossigeno, in grado di pompare ioni di ossigeno attraverso se stessa.
Durante il funzionamento del motore, i gas di scarico arrivano nel traferro di diffusione; in relazione alla differenza di concentrazione di ossigeno nella cella di misurazione si genera un passaggio di ioni di ossigeno tra i due elettrodi attraverso la ceramica attiva che viene rilevato da una differenza di potenziale Un tra i due elettrodi stessi.
Un sistema di regolazione elettronica rileva il valore di questa tensione Un, e allo stesso tempo genera una tensione variabile Up tra gli elettrodi della cella pompaossigeno.
Se la tensione Un è maggiore di 450 mV la miscela è grassa, nei gas di scarico c'è poco ossigeno residuo, e quindi si ha un grande passaggio di ioni di ossigeno tra l elettrodo acontatto con l aria esterna della cella di misurazione e quello a contatto con i gas di scarico. Allora la tensione Up viene gestita in modo che la cella pompa invii ioni dal traferro (dove sono liberi di migrare tra gli elettrodi), generando così una corrente Ip in un verso, tale da riportare il valore Un a 450 mV Se invece la tensione misurata Un è minore di 450 mV il discorso si ribalta: la tensione generata Up è in senso opposto, e la cella pompa "aspira" ioni di ossigeno nel traferro, e la corrente Ip risulta avere direzione opposta, Il risultato di tutto ciò è un segnale di corrente continuo per un range di valori di Lambda molto superiore a quello per cui funzionano le sonde normali. Questa sonda rappresenta il più recente e innovativo traguardo proposto da Bosch nel campo delle tecnologie antinquinamento.

1.cella di misurazione
2.cella pompa ossigeno
3.traferro diffusione
4.canale con aria di riferimento
5.riscaldamento
6.interruttore di regolazione
7.elettrodi della cella di misurazione
Uh.tensione riscaldamento
Uref. tensione di riferimento
Ip.corrente generata